Arte e ambiente

Un nuovo modo di vivere il rapporto con la natura

Piramide del sole (Tusa)

In provincia di Messina, su un’altura del territorio di Motta d’Affermo, è possibile osservare “La Piramide 38esimo parallelo” o “Piramide della Luce”, creazione dell’artista Mauro Staccioli.

La piramide deve il suo nome al fatto che, nel punto in cui è costruita, la struttura è in asse con il 38° parallelo. La piramide, inoltre, si affaccia sul mare e sulle isole Eolie e, in linea d’aria, si trova di fronte agli scavi dell’antica città di Halaesa. Sullo stesso parallelo, nell’altro emisfero, passa il confine tra “Corea del Nord” e “Corea del Sud”, quasi a voler riequilibrare la tensione conflittuale di un luogo con la sacralità dell’Arte. La “Piramide” ammonisce la coscienza degli uomini. La struttura della Piramide, un tetraedro cavo dell’altezza di 30 metri, è stata realizzata con centinaia di lastre in acciaio corten: uno speciale materiale che a contatto con l’aria si ossida e assume un colore bruno intenso. Al tramonto i raggi del sole calante accendono di rosso l’acciaio bruno e la luce penetra all’interno della scultura attraverso un taglio sullo spigolo orientato ad Ovest, in direzione della rocca di Cefalù.

- Tra Storia e Mitologia

La storia della piramide vuole che una sera, un signore di nome Angelo e due suoi amici, incontrarono un uomo che dopo aver fermato la macchina non sapeva cosa fare, in stato confusionale. I tre amici si guardarono e Angelo avvicinò l’uomo che appena lo vide sorrise come se lo avesse riconosciuto. Quest’ultimo aveva perso il suo lavoro, la moglie lo aveva lasciato e non aveva dove andare a dormire. I quattro salirono in macchina e si avviarono verso il mare. Li, proprio in riva al mare, c’era uno strano albergo e Angelo prese quattro camere. Dopo una notte di riposo ed una abbondante colazione i tre uomini più Angelo si sentivano veramente meglio ed in grado di guardare il futuro con ottimismo. La forza derivava dalla solidarietà reciproca e dalla accoglienza di Angelo. Presero la macchina e salirono sulla collina. Che meraviglioso panorama. Angelo disse: “Dobbiamo fare qualcosa che ispiri speranza a tutti quelli che la vedono. Abbiamo centomila euro e noi stessi”. L’uomo della macchina disse: “La perfezione è rappresentata dal tre” Al crepuscolo la Piramide rende la sua funzione di “eremo laico che invita l’Uomo al risveglio della Coscienza”.

L’opera ha un suo movimento interiore e “parla” poiché le giunture d’acciaio, rese incandescenti dall’esposizione al sole, risuonano quando la temperatura del metallo si abbassa, restituendo quelle che Presti ama definire "sonorità cosmiche, vibrazioni di Conoscenza”. Il centro della Piramide si completa con delle antiche pietre ferrose, corrose dal mare prima che le acque si ritirassero dall’altura, ritrovate durante gli scavi di sbancamento e ricomposte per la realizzazione della spirale all’interno dell’opera. In questo modo l’artista recupera le due forze opposte: l’orizzontalità attraverso la spirale - che segna il ciclo vita-morte - e la verticalità dell’asse cielo/terra che nascendo dal centro della spirale, si ricongiunge al vertice della Piramide.

- Quando è possibile visitare la piramide?

La piramide può essere raggiunta e osservata ogni giorno ma è visitabile all’interno soltanto il 21 e 22 giugno di ogni anno, in coincidenza con il Solstizio d’estate. Infatti, nei giorni del Solstizio si svolge il “Rito della Luce” alla Piramide 38esimo Parallelo. In questa occasione, il sorgere del sole e il suo tramonto sono accompagnati da letture di poesie, danza, musica e altre performance.


Finestra sul mare “monumento per un poeta morto” (Tusa)

In Sicilia, fra Castel di Tusa e Santo Stefano di Camastra, c’è una finestra sul mare che è insieme un inno alla bellezza e un’opera d’arte da osservare per guardare l’orizzonte e insieme l’infinito. Si tratta di una fra le opere più belle della Fiumara d’arte.

Conosciuta come la "Finestra sul mare", per il chiaro impatto visivo, la scultura, ideata da Tano Festa e dedicata al fratello poeta, è un inno al colore e all'infanzia, temi ricorrenti nelle opere dell'artista. La cornice, alta 18 metri, realizzata in cemento armato ed armatura ferrosa, è il trionfo dell’azzurro, non di quello che vediamo di solito sulla tavolozza di un pittore, ma di quello che c’è nell’animo, quando un poeta-scultore come Tano Festa, che fu insieme adulto e bambino, decide di affacciarsi sull’infinito. Questa enorme finestra che tenta di incorniciare il mare, esprime il senso limitato di una possibilità diversa di fermarsi con il pensiero sull’orizzonte. Ma è anche una tensione alla serenità, anch'essa ricercata da Festa, spezzata dal monolite nero, senso finito della nostra esistenza, che "buca" la gioiosa finestra ornata dalle tipiche candide nuvolette ricorrenti nel repertorio dell’artista, interferendo con l’armonia dell’opera.

La Finestra sul Mare, l’opera più conosciuta della Fiumara d’arte di Antonio Presti, è stata restituita alla comunità dopo il restauro. Nel giorno del Solstizio d’estate, il mecenate Antonio Presti ha deciso infatti di riconsegnare la sua opera più conosciuta, appena restaurata e ricondotta alla sua originale bellezza, la stessa che del 1989, quando il “Monumento per un poeta morto” (ovvero la “Finestra sul mare”), firmato da Tano Festa, apparve sulla spiaggia di Villa Margi nel messinese. Era il 1989, La “Finestra sul mare” l’enorme cornice di 18 metri, che Tano Festa dedicò al fratello poeta, fu realizzata in cemento armato con travi REP in acciaio. Ma l’aria salmastra ha “mangiato” di fatto l’azzurro, le travi non reggevano più, la scultura stava morendo. Già nel 2005 Antonio Presti si rese conto che tutta la Fiumara d’Arte, da lui donata alla Sicilia, si stava deteriorando e la manutenzione delle opere era indispensabile. Per attirare attenzione oppose un rifiuto al rifiuto dello Stato di occuparsi della Fiumara: chiuse con un enorme telo blu la Finestra sul mare scrivendo in tutte le lingue la parola “chiuso”. Intervenne il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e finalmente, il 6 gennaio del 2006, dopo 25 anni di battaglie, venne istituito il Parco di Fiumara d’arte. A distanza di due anni, il 25 maggio 2007, la “riapertura” della Finestra sul mare.


MuMa Milazzo

Un Museo allestito nel Bastione di Santa Maria, il primissimo Duomo di Milazzo incastonato all’interno delle antiche mura del Castello della città, che dall’alto di un promontorio lambito dal blu profondo del Mar Tirreno veglia su uno dei pochi luoghi del Mediterraneo ininterrottamente abitati dall’uomo sin dall’antichità. Il MuMa (Museo del Mare di Milazzo) è una realtà giovane ma perfettamente inserita nel tessuto socio-culturale del territorio. Un luogo affascinante e suggestivo, sormontato dalle alte volte in pietra della struttura cinquecentesca e dominato da Siso, un giovane capodoglio di 10 metri che nell’estate del 2017 è rimasto impigliato con la pinna caudale in una rete da pesca illegale al largo delle Isole Eolie. Carmelo Isgrò, biologo e Direttore del MuMa, è stato tra i primi ad occuparsi di Siso quando, nonostante gli sforzi della Guardia Costiera, per lui non c’è stato più niente da fare.

- Dov’è oggi Siso?

Lo scheletro di Siso ha subito un lungo processo di pulizia e trattamento e ad oggi è stato interamente riassemblato ed è esposto al pubblico nel suggestivo Bastione di Santa Maria del Castello di Milazzo, sede del MuMa. È sorretto a mezz’aria da alcuni cavi e presenta due dettagli che, immediatamente, colpiscono i visitatori e li spingono a riflettere: la rete illegale che lo ha ucciso, ricollocata sulla sua pinna caudale, e i rifiuti in plastica rinvenuti all’interno della sua pancia.

- Cosa ti ha spinto a mettere in piedi un progetto così ambizioso come l’apertura di un Museo? Le parole di Carmelo:

"Avevo una gran voglia di realizzare un museo scientifico che fosse un po’ diverso da quelli tradizionali: al MuMa la parola d’ordine è “interdisciplinarietà” e il visitatore è spinto dalla commistione tra arte e scienza a coltivare il desiderio di trovare nuove formule per declinare la relazione uomo-ambiente. Il punto di partenza fondamentale era trasmettere la bellezza del nostro mare: sono convinto che si possa proteggere qualcosa solo se la si ama nel profondo. Per questo volevo fare innamorare i visitatori di questo mare, per arrivare tutti insieme a proteggerlo e a proteggere tutti i “Siso” che lo abitano".


Opere di Bansky sul cambiamento climatico

Le opere di Banksy continuano a sensibilizzare il mondo su problematiche oggi più che mai collettive e di grande rilevanza. La sua arte si prende cura dell’ambiente lanciando messaggi impossibili da ignorare. I bambini di Port Talbot, Venezia e Marble Arch hanno tanto da insegnarci per quanto riguarda gli effetti distruttivi del cambiamento climatico. Scopriamo il perché.

- Il bambino di Marble Arch

LONDRA 2019 – "Ero in città da pochi giorni e in radio una voce raccontava che nella notte tra il 25 e il 26 aprile un’opera attribuita a Banksy era apparsa nei pressi di Hyde Park, centro nevralgico della protesta degli attivisti Extinction Rebellion, il noto movimento non violento nato con l’obiettivo di porre freno ai cambiamenti climatici e favorire la biodiversità del Pianeta Terra". Queste sono le parole del blogger "fattiefabulae", che descrive una delle ultime opere del celebre street artist: il bambino di Banksy venne ritratto accovacciato vicino a una piantina verde che germoglia (unica nota di colore del graffito) con in mano un cartello che mostra il disegno di una clessidra in un cerchio, simbolo del gruppo Extinction Rebellion.

Solitamente le opere di Banksy hanno tutti messaggi evidenti (per molti aspetti quasi didascalici), basta solamente saperli vedere. Non è la prima volta, infatti, che l’artista britannico affrontava la tematica legata all’ambiente attraverso la figura di un bambino.

- Il bambino di Port Talbot

Un’altra sua celebre opera mostrava nel 2018 un bambino con cuffietta e sciarpa intento a giocare con la neve che cadeva dal cielo. Quella che sembrava essere all’apparenza un divertente fenomeno metereologico, in realtà, altro non era che cenere proveniente da un cassonetto in fiamme ritratto proprio dietro l’angolo. Il graffito si trova a Port Talbot, nel Galles, dove sorge il più grande polo siderurgico del Regno Unito.

- Il bambino di Venezia

L’anno successivo, nel 2019, Banksy si recava segretamente in Italia, a Venezia, per realizzare un altro dei suoi capolavori legati ai temi della sostenibilità sociale e ambientale. Ancora una volta si trattava di un bambino. Il piccolo migrante, sopravvissuto a uno sbarco, veniva raffigurato immerso con i piedi nell’acqua, con il giubbotto salvagente e con in mano un fusto di una pianta (molto simile a un razzo segnaletico) da cui fuoriesce del fumo rosa, segno dello sradicamento dalla propria patria. La richiesta di aiuto è fortissima.

Il graffito venne realizzato non a caso durante la prima settimana post opening della Biennale di Venezia. L’obiettivo – non dichiarato di Banksy – era quello di dialogare con l’installazione di Christoph Buchel, che in quei giorni esponeva una nave affondata al largo delle coste libiche nel 2015. L’immagine del bambino di Venezia, tuttavia, rappresentava anche la forza dell’arte che resiste ai fenomeni distruttivi dovuti al cambiamento climatico. Puntualmente oggi il graffito viene, infatti, quasi totalmente sommerso nei momenti di acqua alta. Banksy altro non vuole che spingerci ad assumere maggiore consapevolezza rispetto alle cause e degli effetti del cambiamento climatico.

Realizzato da: M. Sinitò, L. Distefano, M. Cantone.

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